Il 25 settembre 2024 è stato approvato alla Camera dei deputati il Ddl 1830 “Revisione della disciplina in materia di valutazione delle studentesse e degli studenti, di tutela dell’autorevolezza del personale scolastico …”. Per il ministro Valditara un grande risultato: “Studenti più responsabili. Con i giudizi miglioriamo la valutazione e la comunicazione con le famiglie”. “La legge approvata dal Parlamento rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e restituisca autorevolezza ai docenti”.1
Le associazioni professionali CIDI, MCE, PROTEO FARE SAPERE, in coerenza con quanto hanno sottoscritto durante tutto l’iter legislativo, in disaccordo con i principi che guidano il provvedimento approvato esprimono, a riguardo, alcune valutazioni nel merito.
Il provvedimento legislativo in palese contrasto con un’idea di educazione, scuola, individuo, società democratiche e inclusive privilegia un’idea di cittadino in competizione fin dall’età scolare. L’introduzione del voto di condotta subordinata alla logica della separazione trova nel voto attribuito un impianto funzionale al principio di autorità, al sorvegliare e punire per adattare. Una logica che agisce a valle del problema non incide sulle condizioni del fare scuola: strutturali, organizzative, pedagogiche necessarie a rimuovere gli ostacoli. Nel ribadire che l’attribuzione del voto di condotta è discutibile, si sottolinea, inoltre, il legame fra il voto di comportamento e l’educazione alla cittadinanza, visto che, in presenza di sanzioni e di voto anche sufficiente, sono previste attività di cittadinanza solidale non meglio identificate, ed elaborati fino alla discussione all’esame di Stato. In buona sostanza “si ripara” con l’educazione civica. In campo educativo, le punizioni che sanzionano i comportamenti inadeguati assai difficilmente funzionano, perché l’educazione è essenzialmente “relazione”. Spesso la scuola che punisce è la scuola che si è arresa e ha rinunciato al suo compito. L’autocontrollo e l’autodisciplina che si pensa di imporre a norma di misure repressive, l’acquisizione di consapevolezza emozionale, abilità sociali, etica pubblica, sensibilità al bene comune, “rispetto” sono obiettivi che rientrano nei compiti educativi della scuola, oltre che di quelli della famiglia e della società.
Si ritorna, dopo la breve ‘vacanza’ della direttiva ministeriale 172/2020, a una valutazione costretta in tempi automatici, che non consente una lettura su periodi distesi dell’andamento dei processi e un dialogo pedagogico. La scelta di ricondurre i livelli di apprendimento a giudizi sintetici nella scuola primaria significa attribuire all’aggettivo il significato di un voto. Si privilegia la quantità alla qualità delle conoscenze che non possono essere contenute, per mere esigenze di facile comunicazione, contro l’importanza in età scolare della descrizione e della narrazione.
Lavorare per migliorare gli apprendimenti significa, prima ancora che penalizzare i comportamenti trasgressivi o umiliare e classificare bambini e bambine con giudizi sintetici, riuscire a garantire:
contesti di apprendimento accoglienti, sicuri; tempi scuola adeguati anche per sottrarre i giovani dal tempo vuoto, spesso violento e diseducativo dei contesti di vita; professionalità attente al riconoscimento della dignità culturale, della storia personale, dei bisogni formativi di ogni soggetto e capaci di promuovere pratiche di partecipazione, co-progettazione, individualizzazione dell’insegnamento.
Vanno garantite le condizioni perché la scuola sia luogo del diritto all’apprendimento, in cui ci siano insegnanti che si pongono in ascolto dei minori, capaci di costruire contesti educativi inclusivi.
Non è con l’inasprimento delle pene e l’istituzione della giornata nazionale contro la violenza nei confronti del personale scolastico che si recupera l’autorevolezza degli insegnanti, bensì valorizzando l’autonomia dei collegi e delle scuole, qualificando la formazione iniziale e in servizio, i salari, l’organizzazione del lavoro, dando alla scuola più risorse e stabilità.
Soprattutto serve liberare la scuola dall’essere territorio di riforme continue, che mortificano gli sforzi di cambiamento dei docenti.
Le associazioni professionali firmatarie del presente documento, che si riconoscono nell’ottica costituzionale di una pedagogia democratica, ribadiscono la necessità di una valutazione come promozione e lettura dell’esperienza, attenta agli stili e ai ritmi personali di apprendimento, completa e proattiva nella comunicazione a studenti e famiglie.
In questa direzione sollecitano gli/le insegnanti, i collegi dei docenti a dare continuità al lavoro avviato in questi anni:
- di ricerca, nella definizione di strumenti di lavoro per una didattica che sia un percorso di crescita per docenti e studenti/studentesse;
- di ricorso a strumenti narrativi e descrittivi per la valutazione in itinere evitando formule standardizzate e chiuse;
- di messa a punto di modalità di comunicazione che possano accompagnare i giudizi sintetici nella primaria e i voti negli altri gradi di scuola;
- di condivisione dentro e fuori dalla scuola del senso profondo di una valutazione formativa, centrata sulla partecipazione attiva di tutti i soggetti.
In una fase fortemente regressiva e autoritaria delle politiche scolastiche, in cui anche i principi di fondo delle I.N. sono messi in discussione, le associazioni professionali firmatarie del presente documento continueranno il loro impegno accanto e per gli insegnanti nella costruzione di coerenza tra le pratiche educative di valutazione e il mandato costituzionale assegnato alla scuola: trasformare le garanzie formali in garanzie sostanziali lavorando alla realizzazione di una scuola inclusiva, equa, emancipatrice, proiettata alla costruzione di un futuro possibile di democrazia.
3 ottobre 2024