Elezioni RSU. Alcuni sindacati promettono in cambio del voto ricchi premi e cotillons

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Giungono dai posti di lavoro notizie che, secondo la sensibilità di ciascuno di noi, possono ben essere definite grottesche, esilaranti, inquietanti.

Ma forse tutte e tre queste caratteristiche possono essere rinvenute nei fatti di cui di seguito parliamo.

C’è chi si è spinto a far circolare volantini in cui si promettono: premi per chi si candida (inserimento in un piano sanitario del valore di 60 euro); premi “di risultato” per i presentatori di lista (200 euro per ogni lista che riceverà 5 voti almeno e altri 20 euro per ogni voto oltre i cinque); regalo di benvenuto per chi si iscrive (un buono spesa del valore di 48 euro) e poi assicurazioni e polizze variamente modulate.

Plasticamente, nella sua volgare materialità, questo modo di fare campagna elettorale degrada il voto – che rappresenta per le democrazie la più alta espressione della libera volontà del cittadino, nel nostro caso, del lavoratore – a oggetto di scambio quantificato in denaro, oppure in titoli oppure in favori di varia natura.

Tutto è merce per alcuni sindacati. E anche accreditate organizzazioni indulgono a queste pratiche “simoniache”.

Sindacato etimologicamente significa “giustizia” “insieme” e dà il senso, il motivo la ragione ultima di militare in una organizzazione e di quali dovrebbero essere le sue finalità. Ma, chiediamoci: merita l’organizzazione che degrada l’attività di rappresentanza a mercimonio tale glorioso appellativo?

Il voto non va a mercato.

La FLC CGIL, forte dei suoi valori e della sua tradizione, non mancherà di denunciare politicamente e non solo, queste prassi, propriamente in uso nell’antica Roma dove “il cliente” riceveva “la sportula” in cambio del voto.


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