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Stefano Iucci
Un colpo di grazia ai diritti costituzionali dei cittadini italiani. Con un “plus” per la scuola: “Si tratta infatti dell’unico settore che con questa norma verrà completamente devoluto”. È durissimo il giudizio di Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL, sull’autonomia differenziata appena licenziata dal Parlamento. Per questo “si dovrà necessariamente andare alla raccolta delle firme per il referendum”. “La scelta di devolvere ben 23 materie alle Regioni – aggiunge la sindacalista – produrrà una frammentazione incomprensibile del nostro paese. E se guardiamo ai diritti di cittadinanza significherà sostanzialmente certificare diritti a geometria variabile a seconda del luogo di nascita”.
Ti riferisci a una ancora maggiore polarizzazione Nord-Sud
Non solo, anche periferia-centro. Se qualcuno pensa di essere fuori dagli effetti negativi della legge si sbaglia di grosso: vale per il Nord, per il Centro, per il Sud.
La scuola è tra i settori che sarebbero maggiormente colpiti da questa riforma…
È così. Non ce n’è un altro che per complessità, numero di lavoratori – e ovviamente di studenti – possa in qualche modo essere paragonato al sistema dell’istruzione per gli effetti negativi che subirà. Per noi sono due i temi essenziali. Il primo riguarda la questione delle risorse che ovviamente non ci sono, come ha ricordato il ministro durante la discussione parlamentare.
E il secondo?
Il secondo è che cosa significa nei nostri settori devolvere alle Regioni le norme generali dell’istruzione: gli effetti saranno pesantissimi e non riguarderanno soltanto i possibili contratti regionali e le gabbie salariali.
Puoi fare qualche esempio?
Penso innanzitutto alle norme generali che garantiscono diritti fondamentali, per esempio l’obbligo di istituire scuole di ogni ordine grado; assicurare che la scuola sia aperta a tutti; la gratuità dell’Istruzione di primo grado e così via. Ma poi ci sono tutti quei temi che riguardano direttamente i lavoratori e le lavoratrici: la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso; la ridefinizione dei curricoli; gli orari; i piani di studio; la formazione delle classi; la revisione dei parametri per gli organici; l’assetto organizzativo dell’anno scolastico; la formazione degli insegnanti; gli organi collegiali. Tutto questo significa che ogni Regione potrà darsi regole proprie. Aggiungerei poi due temi delicatissimi: la professionalità e la libertà di insegnamento. Ebbene, queste operazioni sono da un lato in forte contraddizione con gli articoli costituzionali che da un lato prevedono la garanzia del diritto universale all’istruzione e dall’altro ledono la libertà di insegnamento. Oltre ovviamente al tentativo, che ci sarà, di costruire contratti territoriali, magari integrativi, e realizzare operazioni di differenziazione nel reclutamento e nella mobilità del personale. Ricordo che in Parlamento c’è un disegno di legge proprio sulle gabbie salariali che tra l’altro parla di territori, non di Regioni. Il che vuol dire, faccio un esempio, che a Pavia un insegnante potrebbe essere pagato meno che a Milano e le differenziazioni potrebbero persino essere all’interno di una stessa città: insomma, di gabbia in gabbia ce n’è per tutti.
E i territori più ricchi potrebbero mettere in campo operazioni per attrarre personale a scapito di altri. Poi ci sono le ricadute pesanti sulle ragazze e ragazzi che vanno a scuola…
Ma è ovvio. Noi abbiamo una certezza, e cioè che le norme generali dell’Istruzione garantiscono in modo uniforme, effettivo e universale il diritto all’istruzione. Se si frammenta questo diritto, si avranno studenti di serie A, studenti di serie B e anche studenti di serie C: si impedisce cioè l’esercizio di un diritto fondamentale. Per questo pensiamo che questo modello sia assolutamente antitetico rispetto alla prima parte della Costituzione e che da questo punto di vista gli effetti saranno devastanti non soltanto per la mancanza di accesso al diritto all’istruzione, ma anche per il fatto che ci si troverà in una condizione non omogenea rispetto allo stesso diritto. La scuola, che è organo costituzionale e palestra di cittadinanza, sarebbe dovuta rimanere fuori da questa operazione.
Contro l’autonomia differenziata voi avete “messo in strada” il camper dei diritti…
Sì, abbiamo fatto 200 tappe dal Nord al Sud del Paese – un percorso faticoso ma molto bello – per spiegare gli effetti che questa norma avrà sulla scuola e non solo: molti dimenticano che anche la ricerca scientifica verrà devoluta completamente alle Regioni, mentre oggi la competenza è concorrente. Penso che sia un errore grave. Proprio in una fase in cui anzi si dovrebbero costruire alleanze sovranazionali su certi temi – penso alla transizione energetica, all’intelligenza artificiale, solo per fare un paio di esempi –, in Italia facciamo un’operazione lillipuziana, scegliamo una dimensione territoriale. È un fatto gravissimo anche per lo sviluppo economico del paese e credo che gli effetti poi arriveranno anche su università e Afam. Per tutte queste ragioni siamo pronti a fare qualunque cosa ci sia democraticamente consentita per cancellare questo obbrobrio.
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