Indicazioni nazionali: il CSPI rileva criticità e non esprime parere favorevole. La FLC CGIL dichiara netta contrarietà

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Il CSPI è stato chiamato il 27 giugno in seduta plenaria ad esprimere il prescritto parere sul decreto ministeriale relativo al Regolamento recante “Indicazioni nazionali della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”.

Il Consiglio ha ritenuto a maggioranza, nella votazione finale, di non pronunciarsi né a favore né contro, rimandando le proprie valutazioni alle osservazioni e proposte contenute nel testo predisposto e inviato al Ministro.

La delegazione della FLC CGIL ha offerto il proprio contributo alla ricca discussione ma, ritenendo che né i cambiamenti introdotti dalla Commissione né le proposte di emendamento suggerite dal CSPI modifichino l’impianto generale, ha confermato che le criticità, già rilevate in sede di audizione, rendono il documento irricevibile.

In particolare:

  • emerge un modello di scuola fondato sulla trasmissione di contenuti e sul principio di autorità, in evidente contraddizione con la tradizione della pedagogia e della scuola democratica;
  • la declinazione dettagliata di obiettivi specifici di apprendimento, conoscenze/contenuti rappresenta un’ingerenza nell’autonomia scolastica e nella libertà di insegnamento, pone forti limiti alla didattica attiva e travalica quello che dovrebbe essere il compito della Commissione, e delle Indicazioni Nazionali, di individuare i nuclei essenziali del sapere disciplinare lasciando alle scuole e agli insegnanti, ovvero al curricolo e alla programmazione didattica, la scelta dei modi più opportuni per svilupparli;
  • viene ridisegnata la stessa professione docente, spostando il focus dell’insegnamento sulla trasmissione di conoscenze e abilità e riducendo la centralità della progettazione educativa e didattica;
  • il principio di libertà, strettamente connesso all’accettazione delle regole e all’introiezione del senso del limite, è rappresentato come qualcosa che alunne e alunni devono imparare, anziché come elemento costitutivo del processo educativo stesso in quanto dimensione che si agisce, e non si acquisisce, prendendo coscienza di sé in rapporto agli altri e alla società;
  • il continuo richiamo al termine “talenti” ha in sé una logica elitaria e competitiva, tanto più se associato all’idea di personalizzazione, come strategia privilegiata che governa le scelte educative e didattiche;
  • la dimensione narrativa che caratterizza l’insegnamento/apprendimento della storia non solo trascura gli esiti delle ricerche scientifiche sulla didattica disciplinare, ma presenta una chiara impostazione ideologica e un’antistorica prospettiva nazionalista, eurocentrica e neocoloniale, rintracciabile persino nella distribuzione dei contenuti nei diversi anni;
  • in riferimento alle alunne e agli alunni provenienti da contesti migratori, il concetto di integrazione prevale rispetto a quello di inclusione e si concretizza nell’apprendimento della lingua italiana e nella conoscenza della storia del nostro Paese, secondo una non condivisibile logica assimilazionistica;
  • permangono serie preoccupazioni rispetto a quanto si propone in materia di educazione alle relazioni. La visione fondata sul binarismo e sulla complementarità dei generi, infatti, è essa stessa matrice della violenza contro le donne e, più in generale, di tutte le forme di omotransfobia. Si ritiene inoltre che la promozione di una cultura del rispetto, di percorsi educativi che sappiano essere efficaci strumenti di contrasto e prevenzione delle discriminazioni e della violenza non sia perseguibile appellandosi a un generico buonismo;
  • la frattura tra la sezione dedicata alla scuola dell’infanzia e la sezione riferita alle discipline per la scuola primaria e secondaria di primo grado rischia di connotare il segmento 3-6 come pre-scolare o, peggio, come grado preparatorio anziché come fase fondamentale del percorso scolastico nello sviluppo di un curricolo verticale unitario.   L’introduzione, in questa sezione, di obiettivi specifici per ciascun campo di esperienza rischia di privilegiare un atteggiamento di misurazione rispetto a quello culturale e all’attenzione ai processi evolutivi.

Alla luce delle considerazioni esposte, la delegazione della FLC CGIL ha espresso responsabilmente e convintamente parere contrario.


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