Prove INVALSI, FLC CGIL e studenti: “Si tratta di uno strumento che stigmatizza le diseguali condizioni del Paese”

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Il 1° marzo 2024 prendono avvio le prove INVALSI 2024 per gli studenti di quinta della scuola secondaria superiore, ad aprile toccherà agli studenti delle terze classi della secondaria di I grado, mentre a maggio si svolgeranno per gli alunni della primaria e della secondaria di II grado.

In occasione della giornata di inizio delle prove INVALSI lavoratrici e lavoratori del sistema di istruzione, insieme a studentesse e studenti non possono che esprimersi nuovamente contrari ad un sistema meritocratico e classista che continua a premiare chi già si trova in una posizione socioeconomica e culturale privilegiata. Si tratta, perdipiù, di un sistema basato su dati fuorvianti perché valutativi di competenze non legate ai reali percorsi realizzati nelle scuole e fondato sul nozionismo, con la scelta evidente di non considerare lo sviluppo del pensiero critico.

Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale della FLC CGIL: “Siamo sempre più preoccupati per l’utilizzo dei risultati delle prove INVALSI e dell’individuazione del conseguente parametro della dispersione implicita come strumento per la ripartizione delle risorse del PNRR tra regioni e tra istituzioni scolastiche. È allarmante che ogni studente, identificato attraverso un codice numerico, sia classificato in base ai vari livelli di fragilità determinati dalle prove. La FLC CGIL rifiuta infatti l’idea che l’Invalsi certifichi le competenze dei singoli alunni, perché non rientra nelle sue prerogative e soprattutto invade il campo della valutazione dei docenti, attività didattica molto più complessa di una semplice rilevazione estemporanea, generando confusione fra genitori e non addetti ai lavori. Inoltre, consideriamo errata la stessa idea che un ritardo negli apprendimenti sia equiparabile alla dispersione vera e propria. Piuttosto la politica si interroghi sulle differenze territoriali che mettono in discussione l’esigibilità e l’unitarietà del diritto allo studio sul territorio nazionale e si interroghi partendo dalla modalità di gestione delle risorse: continua oggi a prevalere l’idea di associare alla diminuzione degli alunni una razionalizzazione del personale, quando in tempi difficili servono politiche espansive, serve poter aumentare il tempo scuola attraverso un aumento degli organici.”

Bianca Chiesa, coordinatrice nazionale dell’Unione Degli Studenti dichiara: “Dopo anni di boicottaggi, le prove INVALSI sono diventate obbligatorie per accedere all’esame di Stato, ma noi non ci stiamo. Le prove a crocette costringono all’interruzione della didattica per la preparazione ad una prova non relativa a tutto il resto del percorso didattico. Un sistema valutativo che spinge verso l’omologazione piuttosto che allo sviluppo di pensiero critico. Inoltre, le prove sono utilizzate per premiare le scuole che le svolgono al meglio continuando ad aumentare le disuguaglianze tra scuole di serie A e B, tra scuole del Nord e scuole del Sud. Un sistema valutativo nazionale dovrebbe darsi l’obiettivo di finanziare le scuole più in difficoltà. Non vogliamo l’ennesimo strumento di valutazione escludente e meritocratico che considera gli studenti come cifre su un libro contabile, gli insegnanti come schiavi e i presidi come manager della scuola-azienda. A questo modello di didattica e valutazione sempre più meritocratico opponiamo un modello di didattica partecipativo e dal basso che veda la valutazione narrativa come uno dei momenti formativi e di miglioramento collettivo. Una riforma della didattica e ora più essenziale che mai.”

Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli Studenti Medi: “Come ogni anno, le prove INVALSI pretendono di valutare il livello di preparazione delle studentesse e degli studenti attraverso una serie di risposte multiple, come se il livello del nostro sistema d’istruzione potesse essere calcolato solo sulla base della conoscenza meramente nozionistica e per di più relegata solo a poche materie. La scuola pubblica è anzitutto una comunità, non valutabile sulla base di un test. Crediamo che le prove INVALSI rappresentino esclusivamente un’idea di scuola standardizzata, in cui tutta la sfera umana e personale dell’apprendimento scompare. Vogliamo, invece, un’istruzione che metta al centro lo studente, con le sue attitudini e le sue passioni!”


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