In questi giorni siamo intervenuti su una delle undici università telematiche del paese, nel momento in cui siamo venuti a conoscenza di recenti indicazioni per lo svolgimento degli esami di profitto per il prossimo anno accademico che a nostro giudizio, da una parte presentano profili irregolari (esterni alla normativa prevista per le università italiane), dall’altra ledono prerogative e libertà della docenza, tra le altre cose delineando carichi ed impegni di lavoro che rischiano di diventare senza alcun limite.
Una prassi che rischia di diffondersi, se non di esser già diffusa, in altri atenei telematici e in presenza, anche per la diffusione dell’istituzione di sedi distaccate delle università per lo svolgimento di esami, regolate in modo a nostro giudizio affrettato e sbagliato dal Decreto Ministeriale n° 289 del 25 marzo 2021 sulla programmazione universitaria, come abbiamo già avuto modo di segnalare per la Link Campus University.
Per queste ragioni, oltre che spedire questa comunicazione per conoscenza al Presidente del Consiglio Universitario Nazionale e al Ministero dell’Università e della Ricerca, abbiamo deciso di pubblicarla sul nostro sito.
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Magnifico Rettore, gentile Direttore Generale,
siamo recentemente venuti a conoscenza delle disposizioni relative allo svolgimento degli esami di profitto presso le sedi istituzionali e decentrate dell’Università Telematica San Raffaele Roma, per l’anno accademico 2023/2024, comunicate a studenti e studentesse tramite i canali social della vostra Università e ai docenti tramite una circolare su carta intestata dell’ateneo. Vi scriviamo in quanto alcuni elementi di queste disposizioni ci hanno sorpreso e preoccupato, sollevando problemi sia in relazione ai diritti e alle responsabilità del personale docente (di stretta natura sindacale), sia più in generale in relazione alla regolarità e validità degli esami sostenuti con tali modalità (di più ampio interesse per un’organizzazione sindacale come la nostra, particolarmente attenta dalla salvaguardia del sistema universitario nazionale nel suo insieme).
Tre, in particolare, le questioni che hanno suscitato la nostra attenzione, perplessità e inquietudine.
Primo, la possibilità di svolgere esami di profitto in forma online. Le vostre disposizioni, infatti, prevedono che per ognuna delle quattro sessioni annuali (gennaio/febbraio; aprile/maggio; giugno/luglio; settembre/ottobre) presso le sedi decentrate gli appelli si svolgeranno per un mese in modalità digitale in presenza (tramite tablet), nell’altro mese della sessione in modalità online [quindi non in presenza] sulla piattaforma e-learning di Ateneo, che somministrerà un questionario a scelta multipla da svolgere appunto online (si suppone da una qualunque sede diversa da quella dell’ateneo). Il nostro stupore deriva dal fatto che, con l’esaurimento dello Stato di emergenza sanitaria lo scorso 31 marzo 2022 (DL 24 marzo 2022, n. 24, convertito con la legge 19 maggio 2022, n. 52), sono venute meno tutte le disposizioni che consentivano in modo straordinario la realizzazione di attività didattiche universitarie a distanza, comprese lezioni, esami di profitto e prove finali (DPCM 4 marzo 2020, nota MUR 6932 del 5 marzo 2020 e quindi DPCM e indicazioni MUR successive). Nella normativa italiana che regolano i corsi universitari e gli esami di profitto, di conseguenza, non esiste nessuna disposizione che permette esami a distanza, regolandone forme e possibilità: riteniamo che, a questo punto, non possa che trovare applicazione rigorosa quanto previsto nel Decreto Ministeriale n° 289 del 25 marzo 2021 sulle Linee generali d’indirizzo della programmazione delle università 2021-2023. L’allegato 4 di questo decreto (Linee d’indirizzo sulla programmazione delle Università relativa all’accreditamento di corsi e sedi) prevede infatti esplicitamente al punto A, lettera d), che anche per i Corsi di studio integralmente a distanza rimane fermo lo svolgimento in presenza delle prove di esame di profitto e di discussione delle prove finali, anche quando come previsto al successivo punto C le verifiche di profitto, esclusivamente per i corsi di studio prevalentemente a distanza e integralmente a distanza, possano essere previste presso eventuali sedi distaccate. La previsione da parte vostra di un regolare appello online per ogni sessione di esame per tutte le sessioni del 2024 ci sembra quindi possa produrre due diversi rischi: da una parte, per i docenti coinvolti nella Commissione Esami, quello di compiere un illecito, certificando il superamento di un Esame di Profitto di un corso di laurea legalmente riconosciuto con modalità esplicitamente escluse dalla stessa normativa universitaria; dall’altra, per gli studenti e le studentesse che sostengono la prova, il rischio che il loro superamento possa esser messo in discussione, anche con l’annullamento di tali risultati.
Secondo, la previsione di appelli digitali in presenza nelle sedi distaccate dell’ateneo. Le vostre disposizioni, infatti, garantiscono che il calendario degli appelli è organizzato in maniera tale da garantire l’erogazione di tutti gli esami nel corso di una sessione per ogni area geografica. Al di là della concreta interpretazione del riferimento all’area geografica, è evidente che questa disposizione prevede la realizzazione di un significativo numero di appelli per ogni sessione, anche solo prevedendo un solo appello di esame digitale in presenza per ogni sessione per ogni area geografica. Il Regio Decreto 4 giugno 1938, n. 1269 (che regola tuttora alcuni principi generali sui titoli accademici e gli esami nelle università italiane), all’articolo 40 stabilisce che in ogni sessione si indicono almeno due appelli in giorni non consecutivi, mentre il Decreto 22 ottobre 2004, n.270, all’articolo 11 comma 7 precisa che sono i regolamenti didattici di ateneo, nel rispetto degli statuti, che disciplinano gli aspetti di organizzazione dell’attività didattica comuni ai corsi di studio, anche con riferimento, secondo la lettera d), alle procedure per lo svolgimento degli esami e delle altre verifiche di profitto. Una disciplina che, ovviamente, non si può discostare ma semplicemente articola quanto tuttora previsto dal Regio Decreto e dalla altre normative universitarie: non a caso la maggior parte dei Regolamenti Didattici di Ateneo, vagliati dal CUN e approvati dal MUR, stabiliscono un numero di riferimento tra i 5 ed i 7 appelli all’anno, inseriti nelle normali sessioni di esame. Ricordiamo infine che i docenti universitari degli atenei non statali godono dello stato giuridico pubblicistico disegnato dalle norme legislative e regolamentari vigenti in materia per il personale docente e ricercatore delle università statali, secondo quanto stabilito e riportato negli artt. 198 ss. del Regio Decreto n. 1592 del 1933 e nel d.lgs n. 19/2012. Questo stato giuridico pubblicistico comune non riguarda solo le norme relative al reclutamento dei docenti (secondo quanto oggi previsto dalla Legge 240/2010), ma in generale tutte le norme riguardanti la loro libera attività didattica e di ricerca, gli inquadramenti, i compiti e gli obblighi di lavoro, le disposizioni disciplinari, i percorsi di carriera, l’inquadramento stipendiale e quello relativo alla quiescenza. Una condizione ricordata recentemente dal Consiglio di Stato, che ha richiamato l’identico regime pubblicistico, operante anche per gli atenei non statali, in materia di reclutamento e gestione dei rapporti di lavoro dei docenti e dei ricercatori [Consiglio di Stato, sez. atti normativi, parere n. 1433 del 14.5.2019; Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 25 marzo 2020, n. 2085]. In questo quadro, come organizzazione sindacale non possiamo che porre il tema di una previsione generale di limiti espliciti al numero di appelli di esami che si vengono a determinare nelle diverse sedi distaccate, ognuno con una propria commissione di esame e uno specifico calendario, tanto più a fronte dell’elevato numero di sedi distaccate recentemente previsto dall’ateneo (50, cinquanta!). La necessità di tale limite generale, infatti, si pone sia in relazione al carico di lavoro del personale docente (che non può vedere la propria libera attività di docenza e di ricerca sostanzialmente compressa dalla moltiplicazione esponenziale degli appelli), sia in relazione alle inevitabili differenze che si creerebbero tra atenei statali e università telematiche che prevedono una moltiplicazione di sedi distaccate.
Terzo, la previsione di un format d’esame obbligatorio, scritto e con un preciso numero di domande (31). L’articolo 33 della Costituzione Italiana stabilisce che L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Un principio costituzionale generale che regge non solo l’autonomia normativa, organizzativa, didattica, finanziaria e contabile delle università italiana, ma pone in realtà questa autonomia al servizio specifico della salvaguardia della libertà personale dei docenti universitari nello svolgimento delle due loro attività peculiari, quelle dell’insegnamento e della ricerca, in cui si sostanzia la missione stessa dell’organizzazione. La legge 4 novembre 2005, n. 230 (che tuttora norma alcuni elementi di fondo del rapporto di lavoro dei docenti universitari, a partire dai loro diritti, compiti e trattamento), prevede all’articolo 1, comma 2, che i professori universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attività di ricerca e di didattica, con piena libertà di scelta dei temi e dei metodi delle ricerche nonché, nel rispetto della programmazione universitaria …dei contenuti e dell’impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento. Come ricordato anche nel punto precedente, sotto questo profilo non conta il nomen dell’Università, non vi sono differenze tra Università statali e libere, telematiche incluse. Lo stesso Statuto dell’Università Telematica San Raffaele di Roma richiama nel proprio articolo 25 tra gli altri principi e valori ai quali si ispira la ricerca scientifica e l’insegnamento universitario quello delle libertà e, nel proprio Codice Etico, all’articolo 2.15, riconosce e protegge la libertà dei progetti di ricerca e la libertà d’insegnamento in quanto strettamente conforme agli obiettivi di natura culturale, formativa e organizzativa della struttura accademica. L’affermazione di questa libertà di insegnamento, però, non può che implementarsi nell’autonoma determinazione di tutte le principali attività didattiche: i programmi e i contenuti del corso, la bibliografia di riferimento, le forme e le modalità di verifica nel corso degli esami di profitto. Da questo punto di vista, salta agli occhi che nelle vostre disposizioni per gli esami presso le sedi distaccate si prevede obbligatoriamente l’uso di un questionario composto da 31 quesiti a scelta multipla, diversificando tra l’altro questa modalità rispetto a quella prevista nelle sedi dell’ateneo di Roma e Milano, dove correttamente si prevede la libera scelta del docente titolare di ciascun insegnamento tra esami orali, forme scritte a risposta multipla o a risposta aperta. La previsione di questo format obbligatorio, tra l’altro, ci sembra direttamente contrastante con l’obbligo per il docente universitario di tenere prove di verifica secondo i principi stabiliti dall’art 39 del Regio Decreto 4 giugno 1938, n. 1269, che stabilisce come gli esami di profitto debbono essere ordinati in modo da accertare la maturità intellettuale del candidato e la sua preparazione organica nella materia sulla quale verte l’esame, senza limitarsi alle nozioni impartite dal professore nel corso cui lo studente è stato iscritto.
In conclusione, sulla base di queste osservazioni, si chiede all’ateneo di provvedere con urgenza ad una revisione di tali indicazioni, provvedendo ad eliminare la possibilità di esami online, regolando il numero di appelli che i docenti universitari debbono prevedere complessivamente per i propri corsi, restituendo piena libertà di docenza anche nella prove di verifica.
A disposizione per chiarimenti o confronti, cordiali saluti.