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Stefano Iucci
Si torna ai “fasti” Tremonti-Brunetta. Ancora la peggior spending review per gli atenei italiani che subiscono, a leggere la bozza di decreto sui criteri di distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario delle università, un taglio nominale di 200 milioni che diventano però 500 sulle voci dell’anno precedente.
La denuncia arriva dalla FLC CGIL: “Il taglio, che inizierà a mettere in difficoltà molti atenei già da quest’anno, si riversa quasi tutto sulla quota di finanziamento storico che è quello che premette la sopravvivenza del sistema universitario e di molte sedi”.
L’operazione conferma l’Italia ai livelli più bassi dell’area Ocse per finanziamento della formazione terziaria e, attacca ancora la FLC, “rende evidente il disegno di questo governo: creare un’università piccola e definanziata, per pochi che la frequentano e per pochi che ci lavorano, spesso in condizioni di sfruttamento”.
Perché il sottotesto è chiaro: “Per chi se lo potrà permettere sono a disposizione le università private e una vita da fuori sede con costi enormi e, per chi non può, c’è sempre a disposizione la formazione di serie B garantita dalle università telematiche”.
Questo taglio, rimarca il sindacato della conoscenza della CGIL, “va letto insieme al preannunciato disegno di legge ‘sfruttamento’ sulla riforma del preruolo per i ricercatori ipotizzato dalla commissione Bernini” e svela “la vera natura delle politiche di questo esecutivo: tagli ai sistemi pubblici e sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Per il sindacato poi “particolarmente odiosa è la riduzione delle risorse per la valorizzazione del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario previsto dalla legge di stabilità del 2022; quelle risorse conquistate dalla mobilitazione delle lavoratrici e dai lavoratori, dovevano servire a diminuire la grande differenza retributiva del personale universitario rispetto agli altri lavoratori pubblici”.
Ma il governo “come un Robin Hood al contrario taglia i fondi per i più deboli, che hanno ormai salari da fame, mettendo poche risorse per il rinnovo del Ccnl 2022-2024 e determinando così una diminuzione del 10% del potere d’acquisto, mentre favorisce i privilegi di chi non paga o elude le tasse”.
“La FLC CGIL non si fermerà e continuerà la sua battaglia per una università pubblica accessibile a tutte e tutti e per la dignità di chi ci lavora”, conclude la nota.
Duro anche il giudizio dell’Unione degli universitari, che fa notare come invece “sarebbero serviti almeno 500 milioni soltanto per recuperare l’inflazione del 2023. Dal decreto – aggiunge il sindacato studentesco – rischiano anche di scomparire i fondi destinati al benessere psicologico, per i quali ci eravamo molto battuti e che erano stati rivendicati dalla ministra Bernini. Grave anche il taglio sulle risorse per la valorizzazione del personale”.
Per questo “chiediamo al governo Meloni di tornare sui propri passi. Un taglio così corposo non si registrava dal 2013, dopo l’austerità del governo Monti. E ci fa molto arrabbiare perché la notizia arriva proprio mentre la presidente del Consiglio conferma l’obiettivo di incrementare le spese miliari, arrivando al 2% del Pil”. “Continueremo a batterci affinché l’università pubblica e accessibile diventi un obiettivo prioritario della politica” conclude l’Udu.