Con voto di fiducia, il 24 aprile è stato approvato definitivamente in Senato il Decreto PNRR, nel quale ha trovato sede un emendamento “estraneo” che prevede limiti alla scelta delle donne in tema di interruzione di gravidanza, a coronamento di un sogno firmato FdI e inserito nel veicolo normativo in assenza di dibattito parlamentare.
Al goffo tentativo di rassicurazione iniziale di Giorgia Meloni quando disse di non avere alcuna intenzione e voglia di modificare la legge 194/1978 segue, ora, un provvedimento retrogrado e intrusivo che attacca la libertà delle donne e la loro autonomia, e dove si contempla la possibilità, da parte delle Regioni, di coinvolgere nei consultori pubblici le associazioni antiabortiste o “soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.
Si parla non di specialisti nell’assistenza sanitaria che esercitano la professione con titoli e competenze e sempre nel rispetto delle decisioni della persona, bensì di volontari cui vengono aperte le porte in luoghi di massima fragilità per un’opera di convincimento e dissuasione.
Un tassello per indebolire ulteriormente la legge 194 da sempre ostile ad una certa destra, infastidita dal principio di autodeterminazione femminile in campo riproduttivo, che non cambia faccia nemmeno se guidata da una donna al governo e sempre all’inseguimento dei valori neo-conservatori della famiglia tradizionale come faro di diritti sociali ed individuali, alla pari di altri paesi sovranisti dell’est.
La legge 194, è sempre bene ricordarlo, tutela la maternità ma anche l’interruzione volontaria della gravidanza, e quanto si è compiuto con l’emendamento al Decreto PNRR è un’ulteriore azione per depotenziarla, nonostante il mondo “evoluto” vada da un’altra parte e la stessa Commissione europea abbia espresso all’Italia un richiamo ufficiale, vista la risoluzione votata a Bruxelles per inserire l’aborto tra i diritti fondamentali dell’UE.
Ed è menzognero il tentativo replicato a reti unificate dalla premier e dai suoi portavoce di sviare la contrarietà che si è levata nell’opinione pubblica buttandola sull’attuazione di un provvedimento che già esisteva ma non viene applicato. È falso, l’ennesima bugia cui spesso il governo fa ricorso per difendere le proprie posizioni contando sull’ingenuità di chi ascolta; la legge 194 prevede le collaborazioni volontarie “che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita” e non prima, ammesso che “nascita” sia parola con un senso ufficiale su cui nessuno abbia da eccepire.
L’attacco alla libertà delle donne e il controllo sul loro corpo ma anche il riconoscimento esclusivo di una unica sessualità o identità di origine, segna l’oscurantismo ideologico di questo potere politico: è inquietante il richiamo a colpevolizzare l’autodeterminazione nel nome di un “rigore esistenziale” che viene richiamato e urlato con parole becere, sottintendendo che va ripristinato il valore del sacrificio su quello della scelta.
Cgil e Uil hanno già contestato l’esame del decreto PNRR in un presidio davanti a Palazzo Madama, ed è solo il primo atto di un’opposizione che non vedrà tregua e sarà destinato ad estendersi ad associazioni e gruppi militanti.
A chi obietta che il sindacato deve occuparsi di lavoro e non di politica rispondiamo che le lavoratrici e i lavoratori, prima di essere tali, sono cittadine e cittadini, e dei loro diritti di appartenenza ci occupiamo nella cornice della Costituzione quando consacra “la libertà personale è inviolabile”.
Da qui i nostri prossimi passi, per impedire qualsiasi arretramento sulla legge 194 e lasciare che l’inaccettabile modifica rimanga lettera morta di una propaganda pre-elettorale.