Legge di bilancio e settori della conoscenza: per scuola, università e ricerca meno che briciole e ancora tagli

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Ad una prima lettura del ddl di legge di bilancio 2023 per i settori della conoscenza si profila un provvedimento deludente che confermerebbe le scelte di disinvestimento fatte da tanti anni da governi di tutti i colori, in uno dei settori cardine per lo sviluppo sociale ed economico del Paese.

Balza subito agli occhi il fatto che alla scuola statale sono riservate meno che briciole e anzi, si realizzano ancora tagli sia agli istituti che al personale. Infatti a fronte di misure minimali e parziali, quali 150 mln di euro da destinare al personale scolastico, il ripristino del taglio di 126 mln di euro per il funzionamento scolastico e 13 mln di euro per aumentare il compenso dei commissari di esami dei concorsi, per il resto siamo davvero all’anno zero.

Il provvedimento che più si pone in tragica continuità con i tagli del passato riguarda l’ennesimo dimensionamento della rete delle scuole: si prevede una nuova ondata di accorpamenti fra istituti che potrà portare alla scomparsa, già nei prossimi due anni, di oltre 700 unità scolastiche abbattendosi soprattutto nelle regioni del Sud. Si riducono così i posti di organico di oltre 1400 dirigenti scolastici e DSGA. Riduzione destinata ad aumentare inesorabilmente fino all’anno scolastico 2031/2032 quando le autonomie scolastiche passeranno dalle attuali 8.136 a 6.885.

Ed è poi lungo l’elenco di quello che non c’è: nel ddl manca l’ampliamento del tempo scuola (il tempo pieno alla primaria, il tempo prolungato alla secondaria di primo grado, la laboratorietà della secondaria di secondo grado); manca un rafforzamento del personale ATA che era stato potenziato nel periodo della pandemia e che da tempo (dal 2008, con i tagli del ministro Gelmini) registra una paurosa carenza mai più colmata; manca un impegno serio sulle assunzioni dell’organico di sostegno agli alunni con disabilità.

In questo scenario la legge di bilancio non dimentica tuttavia le scuole private che, nonostante coprano il 10% dell’offerta formativa, comunque ricevono un finanziamento di circa 70 mln di euro.

Su università e ricerca troviamo solo misure assolutamente marginali  “con effetti finanziari neutri” e senza peraltro dare seguito all’impegno riportato nell’Intesa Mi/sindacati del 10 novembre scorso circa lo stanziamento di risorse aggiuntive per la valorizzazione del personale degli enti di ricerca non vigilati dal Ministero dell’Università e della Ricerca per superare l’assurda situazione che vede questi enti non beneficiare degli incrementi destinati al personale degli EPR del MUR.

Anche per questi settori l’elenco delle mancanze sarebbe molto lungo, ma si può sintetizzare sotto un’unica voce: nessun investimento.

Infine, silenzio assoluto sulle risorse del nuovo contratto 2022-2024: si pensa così di proseguire con l’abitudine di stanziare le risorse a triennio scaduto, sicura modalità per indebolire ulteriormente il potere di acquisto del personale del comparto. 

In questa situazione non possiamo che preannunciare forti azioni di mobilitazione non escludendo nessuno degli strumenti a disposizione.


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