Reiterazione contratti a tempo determinato: sentenza innovativa del Tribunale di Vibo Valentia

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A cura della FLC CGIL Area Vasta

La Federazione Lavoratori della Conoscenza FLC della CGIL AREA VASTA, nella figura del responsabile provinciale Pasquale Mancuso e con l’assistenza e il patrocinio dell’avvocato Fabio Brandi ha ottenuto un importante riconoscimento giudiziale per una sua iscritta, una docente precaria di religione che si era rivolta al sindacato chiedendone il sostegno mediante l’ufficio legale della stessa CGIL.

Il Giudice del Lavoro e della Previdenza di Vibo Valentia, Dott. Ilario Nasso, ha infatti parzialmente accolto un articolato ricorso volto ad affermare l’illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato, protratti nel tempo e contrari all’indicazione già espressa dalla Corte Europea di Giustizia: l’avvocato Brandi ha infatti ripreso questo tema affermando nel ricorso la contrarietà della normativa vigente rispetto alla clausola 5 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato.

La FLC CGIL di Vibo Valentia, convinta della fondatezza generale delle ragioni addotte dall’avvocato Brandi, ha peraltro promosso la propria tutela legale a sostegno di questo come di altri ricorsi per il riconoscimento, anche per i docenti di IRC, dell’illegittima reiterazione dei contratti a termine: a seguito di questa prima sentenza si coltiva la previsione che medesime fattispecie possano ricevere il beneficio dell’intervento in sede di giurisdizione.

Nello specifico, il ricorso che ha visto nella qualità di parte resistente il Ministero dell’Istruzione e del Merito, da una parte tendeva al superamento di una prassi discutibile, così indicata in sentenza riprendendo il chiaro pronunciamento della Corte di Lussemburgo:

«Non si [possa] ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti che rientrano nella normale attività del settore dell’insegnamento. Come più volte statuito dalla Corte, il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato per far fronte a esigenze che, di fatto, hanno carattere non già provvisorio ma permanente e durevole, non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, dal momento che un tale utilizzo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato si scontra direttamente con la premessa sulla quale si fonda il suddetto accordo quadro, vale a dire il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro».

Dall’altra parte, il Giudice del Lavoro, che ha di fronte il quadro normativo nazionale e l’esigenza di applicare il principio dell’accesso al lavoro pubblico mediante procedura concorsuale, ha però rilevato la sussistenza di un altro principio per il quale, egli scrive: «In materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi d’illegittima o abusiva successione di contratti di lavoro a termine, il lavoratore ha diritto – in conformità con il canone di effettività della tutela giurisdizionale affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13) e con i principi enunciati dalle Sezioni Unite civili nella sentenza n. 5072 del 2016 a proposito della abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato – al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo e un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, che non può farsi comunque derivare dalla “perdita del posto”, in assenza di un’assunzione tramite concorso ex art. 97 Cost. (ex multis, Cass., n. 992 del 2019)».

In questo solco, il Giudice ha quindi condannato il Ministero al risarcimento del danno commisurato nella corresponsione di una somma pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita dall’insegnante in costanza di rapporto, oltre alla maggiore somma tra gli interessi calcolati al saggio legale e la rivalutazione monetaria, dalla data del dovuto a quella del soddisfo. Inoltre la stessa sentenza del Giudice del Lavoro di Vibo Valentia prevede il diritto al conseguimento della progressione retributiva in misura corrispondente all’anzianità di servizio effettivamente maturata.

Occorre aggiungere e precisare che medesima tipologia di ricorso è stato presentato per alcuni altri docenti precari di religione cattolica i quali hanno prestato servizio con contratti a tempo determinato per almeno 36 mesi, finalizzandolo ad ottenere, appunto, quanto meno il risarcimento del danno oltre al riconoscimento di tutti i diritti previsti dal CCNL per il personale di ruolo.

Così, altri docenti che si trovino nella medesima condizione, possono da questo momento valutare anch’essi l’opportunità di presentare ricorso per rivendicare quanto loro dovuto.

Una vittoria del sindacato, nell’interesse dei suoi iscritti: un modello di tutela che se fondatamente sostenuto attraverso un’accurata azione giudiziale, determina risultati efficaci ed evidenzia il ruolo imprescindibile del sindacato.


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