Al Ministro Valditara vogliamo dire che negli ultimi anni stanno diminuendo gli alunni di recente immigrazione, i neoarrivati. Sono loro che non conoscendo la lingua italiana hanno bisogno di apprenderla. Fonti accreditate indicano che sono il 2,6% sul totale della popolazione di alunni con cittadinanza non italiana. Le scuole, nell’esercizio dell’autonomia scolastica, hanno in molti anni di esperienza, messo a punto e sperimentato una molteplicità di percorsi, di modalità organizzative, di materiali per promuovere una piena inclusione e l’apprendimento della lingua italiana. Ciò è avvenuto nella diffusa consapevolezza che la lingua si impara soprattutto e meglio se si sta insieme ai compagni parlanti la lingua del Paese di accoglienza.
I ragazzi e le ragazze con background migratorio costituiscono complessivamente il 10,6% del totale della popolazione scolastica.
La pluralità di questa variegata presenza pone domande e bisogni nuovi alla società nel suo insieme e alla scuola in modo specifico e particolarmente importante. In questi decenni, abbiamo assistito a significativi passi avanti, ma anche all’emersione di criticità e contraddizioni che occorre affrontare con interventi e politiche adeguate a promuovere uguaglianza, rispetto e valorizzazione delle diversità, riconoscimento dei diritti ed esigibilità dei doveri.
Occorrerebbe da un lato ascoltare le scuole e supportarle nel loro sforzo di inclusione e promozione di tutti garantendo loro risorse e condizioni strutturali per portare avanti il loro lavoro e, dall’altro lato, occorrerebbe riconoscere i cambiamenti nella composizione della nostra società e riconoscere piena cittadinanza ai ragazzi e alle ragazze che ne fanno parte.
Ma ecco invece che di nuovo ci troviamo di fronte a un intervento scomposto, animato da una logica miope, discriminatoria e incurante delle evidenze scientifiche. È l’ennesima pensata: le classi di transizione, un modello separatista, definito dagli “uffici del ministero”.
E, improvvisamente, mentre le scuole stentano a sopravvivere, si incrementa il precariato, si fanno dimensionamenti assurdi, compaiono miracolosamente decine di milioni e perfino “ragionamenti sull’organico necessario”
Parla di 85 milioni di euro, il Ministro. “Nostri”, li definisce. Nostri di chi? Da dove provengono questi fondi? E come mai non se ne è avuto notizia, neppure come informativa sindacale?
Ne brandisce poi altri 70 (di milioni!) che, sembra di capire, sarebbero quelli del fondo FAMI 2021-2027 che però sono già stati assegnati.
Peraltro tra le attività a cui è finalizzato il programma FAMI, rientra la valorizzazione del plurilinguismo e della diversità linguistica attraverso il riconoscimento delle lingue parlate nei contesti extrascolastici, l’attivazione di confronti e scambi fra le lingue, l’utilizzo di libri e materiali multilingui, bilingui, in lingua madre”
Il nostro Ministro, invece, mette in guardia dal “rischio che una volta a casa (il ragazzo neo arrivato) torni a parlare la sua lingua originaria disimparando quanto appreso a scuola. Bisognerebbe perciò che i genitori frequentassero di pomeriggio corsi di lingua nella stessa scuola dove studia il ragazzo”.
Due sono i casi: o il Ministro è ignorante oppure è obnubilato da una logica discriminatoria che sa di razzismo.
Inoltre, possibile che il Ministro non sappia che l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda ai cittadini stranieri adulti presenti nel nostro territorio fa parte delle funzioni di un’istituzione scolastica preposta all’istruzione degli adulti e dotata di specifica autonomia che sono i CPIA? Questo magari spiega perché, nonostante la loro funzione di importanza strategica i CPIA continuino ad essere trattati come una sorta di realtà residuale.
NO. La FLC non ci sta.
Vogliamo una scuola davvero inclusiva, capace di leggere i mutamenti sociali, di accogliere ogni soggetto che vi accede, di promuovere una cultura dell’accoglienza, della valorizzazione delle diversità, attraverso processi di insegnamento/apprendimento di qualità che consentano il pieno sviluppo di ciascuno, corroborato dall’acquisizione di piene competenze strumenti e status di cittadinanza, vero fondamento dello sviluppo democratico del nostro Paese
Per questo continueremo a lavorare insieme alle scuole, alle associazioni, a tutti i soggetti impegnati in questa prospettiva.